Una volta questo era proprio un gran bel paese, e non riesco a capire quello che gli è successo.
È che tutti hanno paura ecco cos’è successo. Noi non possiamo neanche andare in uno di quegli alberghetti da due soldi, voglio dire proprio di quelli da due soldi capisci? Credono che si vada a scannarli o qualcosa, hanno paura.
Si ma non hanno paura di voi, hanno paura di quello che voi rappresentate.
Ma quando… Per loro noi siamo solo della gente che ha bisogno di tagliarsi i capelli.
Ah no… Quello che voi rappresentate per loro, è la libertà.
Che c’è di male nella libertà? La libertà è tutto.
Ah sì, è vero: la libertà è tutto, d’accordo… Ma parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse. Voglio dire che è difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato. E bada, non dire mai a nessuno che non è libero, perché allora quello si darà un gran da fare a uccidere, a massacrare, per dimostrarti che lo è. Ah, certo: ti parlano, e ti parlano, e ti riparlano di questa famosa libertà individuale; ma quando vedono un individuo veramente libero, allora hanno paura.
Eh la paura però non li fa scappare!
No, ma li rende pericolosi.

(Easy Rider di Dennis Hopper, 1969)

 

CD1Ci sono periodi storici in cui la gente cambia le cose, ci sono periodi storici in cui la rabbia lascia spazio alle azioni e poi c’è quella sorta di limbo in cui la gente si ferma e giace immobile come in una sorta di sabbie mobili in cui tutto tace e si abbandona. Il secondo disco degli Hate Inc.Bipolar Spetrum Disorder, nasce nel secondo contesto e, per quanto io possa notare, lancia subito un messaggio a noi abitanti di questo quadro poco rassicurante: bisogna sopravvivere e per farlo probabilmente bisogna discostarsi dalla normalità, dalle convenzioni, risultare pazzi, arrabbiati, anormali e forse l’alternanza dei “disturbi bipolari” è l’adattarsi agli stimoli distruttivi che una società senza valori e ideali ci ha costretto ad adottare, figli di media malati e false promesse travestite con l’alito della salvezza.

Il sermone per il momento finisce qui perché abbiamo dodici tracce (tredici se consideriamo la bonus track By this river di Brian Eno, che la band ha gentilmente offerto in download sul suo sito) di cui parlare. Gli Hate Inc. non sono soltanto una band industrial, l’avevano già dimostrato nei solchi del primo e ottimo Art of Suffering, mischiando l’asetticità dei vagiti industrial con la carica distruttiva di chitarre dai ricordi new metal e le scosse grunge che non guastano mai. Il secondo capitolo però porta con se la maturità: la band ha macinato live, non solo in Italia, ha trovato il suo filo conduttore, il suo mondo in cui muoversi e per strada ha sperimentato nuove forme di vita e di atmosfera. Dietro le sapienti mani di Victor Love (Dope Stars Inc.) è stato prodotto un piccolo gioiellino: la pressione dell’elettronica si avverte in maniera determinante, così come il lavoro di arrangiamento e orchestrazione; ma non stiamo parlando di un’elettronica asettica e fredda, anzi di un tratteggiare lo sfondo sui cui una possente e rodata macchina distruttiva racconterà i nuovi disordini.

La band può contare su un’efficace groove di base in cui basso e batteria agiscono con perfezione certosina, cosa già notata nei vari live, le chitarre sono diventate meno roboanti ma più taglienti, imperfette e reali, così come le parole di Vincent Vega che sono dirette, vissute, sofferte e senza smancerie.

Antichrisis è un grido che si diffonde nell’orgia di commenti malsani di finti economisti e politici; Big Brother lascia voce all’esercito infinito degli alienati con un incedere claustrofobico; Benzodiazepine ha qualcosa di epico nascosto tra le sofferenze della trama trattata; Deathfloor è un brano che facilmente potrebbe spopolare nei live per il suo cantare universale; Leviathan (quello di Thomas Hobbes) è il pezzo che preferisco dell’album che fa un po’ da filo conduttore tra quanto prodotto sino a questo momento dalla band e quello che è il nuovo sentire.

Discorso a parte va fatto per la splendida L’odio di Caesar, gemma contenuta all’interno di Bipolar Spectrum Disorder, che da sola varrebbe l’intero costo del disco. Pezzo scritto a quattro mani con Salvatore Piccione dei Karma in Auge che si rifà a Indifferenza di Cesare Pavese e contamina il sound della band di una new wave mai banale e scontata che alla fine si accartoccia su uno splendido mantra universale.

Dischi così possono soltanto essere autoprodotti e, probabilmente, nel secondo contesto di cui parlavamo all’inizio di questa recensione passano anche inosservati e in sordina, ma c’è una base forte, pronta ad esplodere e gli Hate Inc. stanno solo facendo i preparativi per il gran finale!

love will tear us  apart again…

Giuseppe Gioia

Direct Link: http://www.bandadicefali.it/2013/12/14/bipolar-spectrum-disorder-hate-inc/