Avevamo lasciato gli Hate Inc. con l’ep ‘Fragments’, pubblicato poco meno di due anni fa; nel 2011, come preannunciato, vede la luce ‘Art Of Suffering’. La proposta della band è cambiata poco o nulla da allora: abbiamo sempre a che fare con un industrial metal roccioso, in cui sintetizzatori ed inserti elettronici rivestono un ruolo piuttosto importante.

A dimostrazione che gli Hate Inc. ripartono proprio dalla loro precedente fatica, tutti e quattro i brani dell’ep vengono riproposti all’interno di questo lavoro; vedrò dunque di concentrarmi sugli inediti (in totale 7, tolta la bonus track) e per un parere (positivo) sui pezzi vecchi vi rimando alla rispettiva recensione.

Solitamente nel passaggio decisivo dall’ep al full length ci si chiede come possa suonare un certo tipo di proposta sulla lunga distanza: in questo caso la risposta presenta qualche controindicazione, nel senso che dopo un po’ ‘Art Of Suffering’tende ad appiattirsi e a determinare un calo di interesse.

Ma, attenzione, presi singolarmente i brani sono più che validi. Come al solito, alcuni di essi appaiono molto immediati, commerciali, e stupiscono grazie a dei ritornelli ruffiani e “catchy”. I momenti migliori vengono raggiunti quando la componente elettronica non si limita a fare da sfondo alle chitarre ma si impone prepotentemente sulla scena, come accade in ‘Dissatisfaction’, brano con un vago restrogusto pop/dance anni ’80, o nella opener ‘Hypnotizer’, ove gli effetti di synth vanno quasi a duettare con la voce.

Ma anche pezzi più melodici e oscuri come ‘Realinsanity’ sanno dire la loro: un arpeggio iniziale, sottofondo malinconico, ritmi contenuti e melodie malinconiche e sofferte riescono a essere una buona ricetta. Anche ‘Tear’ segue questa strada, rallentando ulteriormente ed andando a costruire un’atmosfera decisamente plumbea, angosciosa, opprimente (potremmo quasi parlare di industrial-doom) che si mantiene presente fino al tripudio elettronico dei minuti finali.

Traendo le conclusioni, la prova degli Hate Inc. è più che valida, ma per tentare di fare il salto di qualità definitivo manca ancora quel qualcosa in grado di fare la differenza tra un buon album ed un ottimo album. Nell’attesa di un’ulteriore prova di maturità, comunque, direi che possiamo goderci questo ‘Art Of Suffering’.

Francesco Salvatori

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